Quando si dipinge, forse è normale pensare che ciò che non si vede non conti, e che l’attenzione sia tutta e soltanto per l’opera finita. Non importano gli strumenti rovinati, i pennelli spuntati, non importa se per pulirli ho usato una marea di stracci o litri di acqua, non importa se attorno a me ho creato un porcile, perché il fine giustifica i mezzi e per l’arte questo e altro.

Ma davvero?

Probabilmente l’immaginario collettivo non aiuta. Spesso ci viene mostrato l’artista quale genio maledetto, folle ed esagerato. Insomma una personalità inquieta che come un tornado travolge e trasforma ciò che tocca, a volte distruggendo se stesso oppure l’opera d’arte a cui si è dedicato. Posso dirlo? Questa idea ha un po’ stufato. Forse è ora di voltare pagina.

Pennelli e strumenti di lavoro: cambiamo prospettiva

Se siete convinti che l’artista non può che essere un maestro geniale e maledetto, caotico e tormentato, provate a immaginare se al posto del pittore ci fosse uno chef.

Uno di quegli chef tosti, rinomati, il cui ristorante ha posti già prenotati fino al 2025 e che chiede un mutuo e un rene per sedersi a gustare i suoi piatti. Un artista dei fornelli, diciamo.

Bene, ora immaginate di essere riusciti a prenotare da lui. Siete in brodo di giuggiole, felicissimi, non vedete l’ora di assaporare il genio culinario del suddetto chef. E quando finalmente vi sedete e lo conoscete di persona, beh, lui indossa un grembiule unto e bisunto, con patacche di cibo incrostate dalle cene precedenti. Non solo, magari la cucina è sporca e disordinata, maleodorante, e lui sarà pure un artista della cucina, ma è svogliato, tormentato, sgradevole. Non cura il servizio, vi risponde male, vi fa sentire come se gli steste facendo un favore. Siate sinceri: vi piacerebbe mangiare in un posto così? Se anche i piatti fossero ottimi e gustosi, vi sentireste a vostro agio? Ci portereste qualcuno di caro per condividere un momento di valore?

Ecco, il concetto è il medesimo. Ovviamente un quadro non ce lo dobbiamo mangiare, e altrettanto ovviamente ciascuno ha tutto il diritto di fare quello che vuole con la sua tela. Ma io sono convinto che l’arte passi anche da una qualità complessiva, da un rispetto viscerale per il proprio lavoro, per i propri strumenti e anche per il mondo che ci circonda. Se per creare un’opera d’arte devo inquinare mezza falda acquifera, beh, allora che senso ha? Che qualità posso pensare di veicolare, se non mi curo di ciò che gravita al di fuori della mia furia creativa?

E dato che le parole vanno bene ma poi contano i fatti, eccovi qualche spunto su come trattare al meglio i pennelli e gli strumenti di lavoro, per non fare troppi pasticci durante la pittura en plein air. Cominciamo!

1. Come pulire i pennelli

Parliamo della pittura acrilica, quella che propongo principalmente nelle mie lezioni di Dipingiamo all’Aperto. I colori acrilici si sciolgono in acqua, quindi per pulire i pennelli o diluire il colore basta avere un barattolino pieno d’acqua.

Se avete tanto colore nel pennello e volete cambiare colore, prima di pulirlo spremete le setole del pennello delicatamente sulla tavolozza, in modo da svuotare il serbatoio. Oppure, aiutatevi con un foglio di giornale per togliere tutto il colore in eccesso. Quando il pennello sarà svuotato, intingetelo due volte nell’acqua per inumidire le setole e adagiatelo nello straccio, massaggiando le setole in modo da togliere tutto il colore. Ripetete questa operazione 2 o 3 volte. Così facendo non rovinerete la punta del pennello (importantissimo!) e non sporcherete acqua in eccesso (l’acqua non va sprecata!).

2. Gli straccetti


Riscoprite la bellezza del riciclo creativo e non sprecate rotoli di Scottex ogni volta che dovete pulire due gocce di colore! Potete invece utilizzare vecchi fogli di giornale, oppure – ancora meglio – stracci, lenzuola o federe consumate e che altrimenti andrebbero buttate. Queste, infatti, possono essere lavate e riutilizzate a getto continuo.

Non mi stancherò mai di ripeterlo: lo spreco non è sinonimo di bravo artista, solo di persona distratta.

3. Trattate bene i pennelli

Un buon lavoro inizia da un buon equipaggiamento. Che si traduce a sua volta con “attrezzi da lavoro ben curati”.

  • Non dimenticate i pennelli nel barattolo dell’acqua: le setole si piegano e rovinano. Provate a dipingere un dettaglio con un pennello dalla punta tutta storta!
  • Fate in modo che i vostri pennelli siano ben protetti quando li trasportate, con la punta rivolta verso l’alto e possibilmente non in astucci troppo stretti o in sacchetti che possono essere schiacciati o piegati.
  • Per pulirli, NON spremete la punta sul fondo del bicchiere come se intingeste la brioche nel cappuccino. Le setole finiranno per aprirsi tutte e verrà meno l’effetto serbatoio del pennello (per non parlare della punta..)

4. Non è un PENNARELLO!


Il pennello è solo un bastoncino di legno con delle setole delicate (a volte molto delicate, e talvolta costosissime!). Il colore non esce magicamente se lo premete con più forza, non è un Uniposca! Pensatelo piuttosto come una spatola con cui prendere il colore dalla tavolozza spalmarlo sulla tela. Stop.

5. E’ il costo a fare la differenza…?

Se pensate che il vostro pennello si sia rovinato subito solo perché l’avete pagato poco, e se siete convinti che con un pennello di marca in setole di visone siberiano pagato 50 € avreste sicuramente fatto meglio… Beh, no, mi dispiace. Risposta sbagliata. Io uso da anni pennelli sintetici pagati all’incirca 2 € l’uno, e li utilizzo sia per l’olio che per l’acrilico. Mi durano anni perché li tratto bene, e perché senza di loro non riuscirei a creare la magia. Quindi no, non è il costo del pennello a fare la differenza!

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